«Sono stati traditi da un malore»
La tragedia dei sub: parla Lorenzo Del Veneziano, l'istruttore che dalla barca d'appoggio ha dato l'allarme
Ancora giallo sulle bombole
«S ono riemersi mezz'ora prima del dovuto. íˆ affiorato per primo Maurizio, a pancia in giù. Poi Lorenzo, in posizione verticale, con la testa rivolta verso l'alto. Ho guardato l'orologio, un istante e ho capito che qualcosa di terribile era di certo accaduto. Non si può sopravvivere quando si torna in superficie da una profondití di oltre cento metri con tutto quell'anticipo. Ho chiamato i soccorsi e poi mi sono gettato in acqua, con Gianluca, per recuperare i nostri amici. Ma in cuor mio sapevo che erano gií morti».
íˆ di Lorenzo Del Veneziano, 39 anni, impiegato con l'hobby delle immersioni, la voce che ha dato l'allarme via radio alla guardia costiera sabato pomeriggio pochi minuti prima delle 13. íˆ lui uno dei sette istruttori esperti protagonisti della tragica missione al largo di Cornigliano, terminata con la morte di Lorenzo Furlano e Maurizio Casaro, di 50 e 39 anni, residenti in provincia di Pavia. Nel suo passato l'esperienza di un'altra morte in mare, terribile, quella di Patrizia Trecci, di 29 anni, avvenuta il 2 gennaio del 2000 davanti ad Arenzano, durante un'immersione sul relitto della Haven: «Ho pagato io per gli errori che sono stati commessi in quell'occasione. íˆ inutile rivangare ma moralmente non mi sono mai ripreso. Sono stato incolpato ingiustamente, ma c'era bisogno di un capro espiatorio».
A differenza di quell'incidente, questa volta Del Veneziano non si trovava in acqua e la missione non era "ricreativa" ma tecnica, organizzata da sub espertissimi «tra i più esperti a livello italiano, tutti con la stessa passione e la stessa consapevolezza dei rischi a cui andavano incontro».
«Facevo da assistente di superficie, per puro caso - racconta il giorno dopo, ancora sconvolto - Avevo lasciato che i miei amici si immergessero per ammirare il relitto che avevo scoperto ad agosto con Lorenzo Furlano. Un piroscafo affondato nel 1916, l'"Hercules", che per anni aveva viaggiato trasportando da Genova in America gli emigranti in cerca di una nuova vita».
Le condizioni del mare erano «ideali», ribadisce: «C'era assenza di vento e corrente zero. Più di cosí¬ non si può chiedere per una immersione simile. Certamente a cento metri anche ad agosto è buio pesto. Tanto è vero che si scende con le torce accese e le torce avevano anche Maurizio e Lorenzo».
Cosa sia successo al momento della loro risalita, quando i tre genovesi del secondo gruppo avevano gií raggiunto il fondo, nessuno può dirlo ancora con certezza: «Quando è avvenuto l'incidente l'immersione, difficilissima, era praticamente finita: è un po' come se Schumacher avesse un incidente con la sua utilitaria tornando a casa dopo un gran premio di Formula 1. La decompressione era gií cominciata e il primo cambio bombole era avvenuto. - spiega Del Veneziano - a luglio ho raggiunto l'Andrea Doria, sul fondo dell'Atlantico, l'Everest per i sub, e sono vent'anni che mi immergo: ancora non riesco a darmi una spiegazione. Per le miscele contenute nelle bombole Lorenzo e Maurizio hanno un loro centro di ricarica. Possono aver sbagliato qualcosa, l'errore è sempre in agguato. Ma tra tutte le possibilií quella che mi convince di piùè quella del malore: Maurizio potrebbe essersi sentito male e aver cercato di raggiungere la superficie più velocemente, troppo. Lorenzo potrebbe aver cercato di trattenerlo, per salvarlo con un gesto disperato. Questo spiegherebbe la posizione con cui sono emersi».
Graziano Cetara
23/12/2002
gianni nava